Dall’Appennino abruzzese al mare, in un saliscendi di emozioni.
Sono state le parole del poeta inglese William Wordsworth ad ispirarci, a spingerci ad ascoltare la voce di una montagna particolare, o meglio di un tratto montuoso, quello dell’Appennino abruzzese.
Un territorio connotato da un’ampia varietà di ambienti naturali, racchiusi e protetti all’interno di parchi solcati da nastri d’asfalto che regalano vera gioia motociclistica. Tre di essi saranno i protagonisti di questo itinerario, che attraverserà primariamente l’Abruzzo, con alcune brevi escursioni nelle regioni confinanti (Umbria, Lazio e Molise), in un continuo saliscendi tra altipiani e vette maestose.
Punto di partenza è Norcia, alle porte del noto Parco Nazionale dei Monti Sibillini in Umbria. Gran parte del centro storico è oggi nuovamente visitabile dopo la devastazione causata dal sisma del 2016, anche se i segni del tragico evento sono ancora chiaramente visibili. Lo scorcio più drammaticamente suggestivo è senza dubbio quello di piazza san Benedetto, con l’omonima basilica, di cui il terremoto ha lasciato in piedi soltanto la facciata, il palazzo del Comune, la Castellina e la bellissima cattedrale di Santa Maria Argentea. I danni non le rendono visitabili e ciò spinge ad una riflessione nei confronti di tutti gli abitanti che provano con fatica a rimettere in piedi vita ed economia del borgo. Il turismo può e deve fare la sua parte e lo stesso vale per noi mototuristi. L’invito quindi è di portare le ruote da queste parti, per dare il giusto contributo a questo percorso di rinascita.
Lasciata Norcia ci avviamo verso sud percorrendo la SP476 e varcando dopo pochi chilometri il confine regionale con il Lazio. Attraversiamo il borgo di Cittareale, famoso per la Rocca Aragonese, autentico gioiello di architettura medievale. La particolare forma della rocca attira l’interesse degli studiosi e degli appassionati, a partire dalla singolare punta a forma di prua di una nave che guarda verso nord. Lungo le mura sono state inoltre collocate delle semisfere la cui funzione ha dato origine a teorie disparate: la più accreditata è quella di essere una sorta di monito per i nemici che le interpretavano come palle di cannone che non erano riuscite a scalfire le possenti mura difensive.
Arrivati a Pallottini, imbocchiamo la SS4 che ci porta allo svincolo in direzione Amatrice, passando per il lago di Scandarello e la sua possente diga, capace per fortuna di resistere al terremoto di sei anni fa. Da qui il paesaggio cambia facendosi più tortuoso e aspro. La guida si fa divertente ma è necessario fare molta attenzione perché il fondo stradale riporta i segni del sisma e alcuni tratti sono ancora chiusi al traffico. Raggiungiamo Amatrice lungo la poco trafficata SR260. Il vento ci accompagna soffiando sul cupolino, sorriso e serenità sono al sicuro dentro al casco… non ci manca davvero nulla. Amatrice suscita emozioni contrastanti: se da una parte si vede il paese “nuovo” che prova a rinascere nonostante le difficoltà e la burocrazia, dall’altra si rimane di stucco nell’osservare la distesa di macerie che testimoniano il disastro, simboleggiato dalla torre campanaria miracolosamente rimasta in piedi, che segna ancora oggi l’ora della scossa.
Emozioni forti che si possono provare a comprendere solo immergendosi davvero in questa realtà, fatta di rabbia e dolore ma anche di voglia di ricominciare.
Proprio questa parola ha ispirato i titolari dell’alloggio a cui ci appoggiamo, situato appena fuori il paese. Una cascina miracolosamente sopravvissuta al terremoto, restaurata con tanto di ristorante, B&B e un ampio parcheggio circondato dal verde e dal silenzio. Il proprietario ci accoglie a braccia aperte, offrendoci un caffè e raccontandoci la sua storia. Dice di aver perso la sua abitazione e di essersi costruito una casa in legno proprio negli spazi verdi adiacenti al locale, così da poter ricominciare senza rassegnarsi all’idea di abbandonare il paese.
Racconti di sofferenza e di rinascita appunto… che si uniscono a storie di grande solidarietà ed empatia, come quella del cuoco del ristorante. Originario del Veneto, quando Amatrice è stata colpita dal terremoto ha deciso di trasferirsi qui per dare una mano sfruttando la sua dote e passione per il pianoforte e iniziando una raccolta fondi alimentata suonando tra le macerie. Legatosi a questi luoghi ha deciso poi di stabilirsi qui, iniziando il lavoro di cuoco.
Arricchiti da queste testimonianze, il giorno seguente ci rimettiamo in marcia tra le curve della SR77, entrando ufficialmente in Abruzzo. Percorriamo senza fretta il periplo del lago di Campotosto che ci offre una prima, splendida vista sul Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Imboccata la SP86, il verde dei prati lascia il posto alla roccia grezza e aspra che ci accompagna in un susseguirsi di curve fino all’ingresso del parco e alla sua piana in alta quota.
Il massiccio del Gran Sasso è un luogo che non ha certo bisogno di presentazioni.
È composto da numerose cime, tra le quali spiccano il maestoso Corno Grande e il Corno Piccolo; incastonato dentro una conca si trova poi il ghiacciaio del Calderone, il secondo più meridionale d’Europa. Dal punto di vista mototuristico, il climax lo si raggiunge una volta arrivati sull’altopiano di Campo Imperatore, una sorta di “luogo mitico” che non può mancare in nessun itinerario che transiti da queste parti.
Di origine glaciale e carsico-alluvionale, è situato tra i millecinquecento e i duemilacento metri di quota e ospita l’omonima stazione sciistica, l’osservatorio astronomico e il giardino botanico alpino. Una sosta qui è d’obbligo anche per assaggiare i tradizionali arrosticini di pecora in uno dei banchetti presenti sul posto.
Con gli occhi ancora “illuminati” dai paesaggi dell’altopiano, scendiamo
verso valle in un tripudio di curve e tornanti, godendoci tra l’altro uno splendido scorcio su Santo Stefano di Sessanio che raggiungiamo poco dopo. È certamente uno dei borghi tra i più suggestivi del parco. Il suo centro fortificato ha una configurazione ellissoidale, così come le abitazioni e i percorsi viari, stretti e angusti, che sembrano essersi sviluppati seguendo cerchi concentrici e che hanno come punto di partenza la torre cilindrica. Bellezze da vedere ma anche da assaggiare: la lenticchia di Santo Stefano di Sessanio è infatti un presidio Slow Food assolutamente da provare.
Terminata la visita, scendiamo verso sud attraverso la SS696 per fare il nostro ingresso nel Parco Naturale Regionale Sirente-Velino. Il suo territorio è una vera oasi per gli amanti del turismo outdoor estiva e invernale: bici, cavallo, nordic walking, trekking, ciaspolate, sci escursionistico, osservazione naturalistica… qualunque mezzo o attività decidiate di praticare, fermatevi a catturare gli odori, i suoni e i colori della natura, a scoprire le trame storiche e culturali di questi luoghi antichi e autentici. Ci concediamo una sosta ristoratrice al lago di Barrea, all’estremo sud abruzzese. Imboccando di seguito la SS17 e la SP86, attraverso un groviglio di strade tortuose entriamo in Molise, dove facciamo sosta a Roccasicura, grazioso borgo che ci ospiterà per la notte.
Il giorno seguente affrontiamo strade impervie e secondarie, piuttosto strette ma di sostanziosa soddisfazione mototuristica. Grazie al traffico pressoché assente ci possiamo concentrare sul contesto bucolico, fatto
di tanto verde e piccoli borghi come Carovilli, Vastogirardi, Capracotta. Un percorso ad anello ci porta a costeggiare la Riserva Naturale Statale Montedimezzo riportandoci poi in Abruzzo dove, ripresa la SS17, costeggiamo la Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio fino a Calascio. Da qui la SS17 bis ci riporta in quota nel bel mezzo del Gran Sasso, per un’altra “dose” di questo stupendo altopiano. La SP37 è un’autentica goduria di curve e paesaggi meravigliosi che conduce alle
porte del parco, a Isola del Gran Sasso d’Italia.
Attraversando poi Montorio Al Vomano si arriva infine a Teramo. Qui ci
concediamo una cena a base di pasta con le polpette e arrosticini, in un ristorante tipico lungo il fiume Tordino. Lo stomaco è pieno e i sensi sono colmi. Si potrebbe pensare che il viaggio sia finito ma non è così. È tempo infatti di ascoltare anche la “seconda voce”, quella del mare.
Proseguiamo verso nord fino al borgo di Civitella del Tronto, in prossimità del confine marchigiano, arroccata su una rupe dall’invidiabile posizione panoramica. Un tempo sentinella del Regno di Napoli, la civitas fidelissima si presenta di aristocratica bellezza, ricca di arte e storia. Le emozioni del passato rivivono nel suo meraviglioso centro storico racchiuso entro mura robuste ed impenetrabili. Su tutto, domina la straordinaria Fortezza borbonica. Siamo quasi al termine e il profumo della salsedine ci pervade, mentre attraversiamo piccoli centri come Ancarano, Controguerra e Colonnella.
Magicamente la vista si apre sull’azzurro dell’Adriatico. Come il migliore dei colpi di scena, dove il mago trasforma l’ordinario in qualcosa di straordinario, la natura ci stupisce trasformando montagna e collina in mare. Quelle “voci possenti” rimbombano nei nostri cuori e siamo certi che presto cederemo nuovamente al loro irresistibile richiamo.
Testo: Michele Riello
Foto: Lucio Torresin